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"Le liriche di Roberta Pelachin esigono anche loro una lettrice o un lettore del genere, capace di comprendere come 'insoluto l'amor/ preme e scolora nel crepuscolo' tra dolore e nostalgia prima che ogni passione sia spenta. Il poemetto che apre questa raccolta è, infatti, dedicato alla regina Cleopatra, 'l'egiziana consorte di un condottiero romano (Marco Antonio)' cui la tradizione dei vincitori non perdonerà di aver tentato 'di asservire alla sua Canopo il nostro Campidoglio', come scrive Ovidio nelle sue Metamorfosi, XV 825-828. Ma nei versi di Pelachin la regina del Nilo, che incede maestosa lungo il grande fiume, non è solo la nemica a oltranza dell'imperialismo di Roma o persino la vendicatrice del diverso, del femminile contro un'arroganza sciovinista e sessista che alla fine la piega senza riuscire a domarla, ma è soprattutto la potente sovrana della fantasia - certo un intrico di trascinanti passioni d'amore e di potere - ma coraggiosa perché tali passioni sa vivere con forza ardente e doloroso struggimento." (dall'introduzione di Giulio Giorello)